RIUNIONE PER COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE ALL’ESERCITAZIONE NATO TRIDENT JUNCTURE 2015

MERCOLEDI’ 2 SETTEMBRE ALLE ORE 17,30 C/O LA SEDE COBAS – VICO QUERCIA, 22
RIUNIONE PER COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE ALL’ESERCITAZIONE NATO TRIDENT JUNCTURE 2015

Dal 28 settembre (forse spostato al 4 ottobre) fino al 6 novembre si svolgerà in Italia, Spagna e Portogallo la «Trident Juncture 2015» (TJ15), definita dallo U.S. Army Europe «la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino». Con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 Nato più 5 alleati), questa esercitazione servirà a testare la forza di rapido intervento – Nato Response Force (NRF) – (circa 40mila effettivi) e soprattutto il suo corpo d’élite (5mila effettivi), la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), enfaticamente soprannominata Spearhead (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48 ore per rispondere “alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale”. In altre parole ad intervenire rapidamente, portando la “guerra preventiva”, ovunque si ritengono minacciati gli interessi occidentali estendendo, quindi, l’azione della Nato ad ogni angolo del mondo. Continua a leggere

2 giugno: Presidio contro la guerra e la privatizzazione della Scuola pubblica

Martedì 2 giugno ore 10.00 a via Roma, davanti alla sede di Banca Intesa, presidio – con mostra – della Rete Napoli No War e degli insegnanti in lotta.

I governanti italiani – dopo avere, insieme alla NATO e alle Petromonarchie, distrutto Libia e Siria e attizzato, dovunque, focolai di guerra – versano oggi lacrime di coccodrillo sui profughi che approdano da noi e pretendono di ristabilire l’”ordine” con nuove “missioni di pace” (una nuova guerra alla Libia è imminente) e nuove spese militari (è di ieri la conferma definitiva dell’acquisto dei cacciabombardieri F35). Continua a leggere

Assemblea 19 Maggio – Per la ripresa del confronto e dell’iniziativa contro il militarismo e le guerre

Lo scenario internazionale vede crescere ed acuirsi i conflitti militari. Dall’Ucraina, alla Libia, dalla Siria allo Yemen, la guerra è diventata una normalità a cui abituarsi sperando che essa non si estenda ulteriormente trasformandosi in un nuovo conflitto militare internazionale. Ma tutti questi focolai di guerra non si incendiano casualmente. Essi sono il risultato dell’azione pluriennale delle grandi potenze, e particolarmente degli Stati Uniti, per appropriarsi direttamente di nuovi mercati, per accedere alle risorse di questi paesi, sia alle materie prime che ai lavoratori a basso costo, oltre che come mercato di sbocco per le proprie merci.

Insomma gli incendiari sono i nostri governi e le nostre istituzioni che, dopo aver messo in campo tutti i mezzi possibili per alimentare le divisioni, lo scontro etnico, razziale, religioso e territoriale, fingono di indignarsi per i pericoli corsi dalla pace e dalla stabilità mondiale. E così, dopo aver attizzato ad arte il fuoco oggi si travestono da pompieri e si candidano ad intervenire per ristabilire l’ordine. Ma l’ordine che essi voglio imporre è fatto di sottomissione diretta dei paesi coinvolti negli scontri alle esigenze del grande capitale finanziario controllato dalle grandi potenze occidentali.

Ancora più ipocrite sono la finta commozione ed indignazione per la sorte subita dai tanti immigrati che fuggono da quei teatri di guerra e muoiono attraversando il Mediterraneo. Chi altri sono i responsabili di queste tragedie se non i governi occidentali che attraverso interventi diplomatici, aggressioni militari e ricatti economici hanno seminato guerra, povertà ed intolleranza? Chi è responsabile di migliaia di morti, della sofferenza e dell’oppressione cui vengono sottoposti gli immigrati? Proprio quei governi occidentali che con la politica di respingimento creano condizioni sempre più pericolose e precarie per la navigazione. Proprio quei governi che detengono illegalmente i “fortunati” che riescono ad arrivare sulle nostre coste. Sono quei padroni che gridano all’invasione degli immigrati ma sono ben contenti di avere una mano d’opera a basso costo ed estremamente ricattabile per tenere alti i loro profitti e per imporre a tutti i lavoratori condizioni di vita e di lavoro sempre peggiori. Ma tutto il clamore ed i lamenti sulla sorte degli immigrati ha la sola finalità di aumentare la politica repressiva nei loro confronti, di legittimare nuovi interventi militari che si preparano a varare. In questo campo è particolarmente attivo il governo italiano che, con il pretesto dell’afflusso degli immigrati, sgomita per ottenere il consenso dai propri partner/concorrenti ad una nuova aggressione militare alla Libia. Per ribadire le sue mire neocoloniali su di un territorio che gli era sfuggito di mano ma che i padroni ed il governo italiano continuano a considerare come “cosa propria”.

Così mentre continuano a chiederci sacrifici per le conseguenze della crisi, aumentano a dismisura le spese militari, le missioni all’estero ed il riarmo per garantirsi un posto al sole nella contesa sempre più accentuata che si sta verificando tra le grandi potenze a scala internazionale.

Una contesa che però sta diventando sempre più pericolosa. Dove il rischio è che i tanti focolai accesi si trasformino in un incendio generalizzato, provocando un nuovo immane conflitto mondiale.

In questa vicenda i lavoratori, le persone comuni che non vivono sfruttando, non possono limitarsi al ruolo di spettatori distratti o di tifosi. Qui si sta preparando il nostro futuro e quello delle future generazioni, ammesso che resti qualcosa dopo un eventuale conflitto mondiale.

Si tratta di comprendere che l’aumento dello sfruttamento, la disoccupazione e la precarietà hanno la stessa origine del crescente militarismo e delle aggressioni militari che vedono protagonisti i nostri governanti e che esse vanno contrastate unitariamente per cercare di difendere il nostro futuro. La lotta contro le avventure militari ed una politica estera aggressiva deve procedere di pari passo con la lotta per la difesa delle nostre condizioni di vita e di lavoro.

Per riprendere il confronto e l’iniziativa contro il militarismo e le guerre è convocata

l’ASSEMBLEA

 che si terrà martedì 19 maggio alle ore 17,00 presso l’ex Asilo Filangieri – Vico Mazzei, Napoli.

Invitiamo tutte le realtà organizzate ed i singoli attivisti ad aderire e partecipare.

Rete Napoli No War, Rete dei Comunisti, COBAS Napoli, Red Link

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Workshop sulla guerra

imagesLa Grande Guerra prossima ventura _1 ottobre_ workshop di #BlockBCE, proposto da NapoliNOWar

Il 2 ottobre si riunirà a Napoli il Governing Council della Banca Centrale Europea che, tra altro discuterà dei nuovi crediti da erogare alla Giunta golpista di Kiev, responsabile del massacro delle popolazioni del Donbass di davvero spaventose repressioni in tutta l’Ucraina e punta di diamante della guerra (per ora a bassa intensità) che USA e Unione Europea stanno conducendo alla Russia.
È solo uno dei tanti e sempre più numerosi conflitti che insieme alla nuova vorticosa corsa al riarmo prefigurano la “soluzione” del Capitale per uscire dalla sua crisi: una guerra globale.

Ma il 2 ottobre è anche la prima data di un autunno già ricco di appuntamenti, aperto dalla davvero combattiva manifestazione per la Palestina, tenutasi a Roma il 27 settembre, nel quale la parola d’ordine NO alla Guerra può e deve diventare elemento comune di ogni mobilitazione contro i padroni e la loro crisi. Quale, ad esempio lo sciopero sociale del 14 novembre.

Invitiamo pertanto tutti i soggetti che intendono operare contro la guerra a costruire un tavolo di discussione che sappia proiettarci oltre il 2 ottobre.

Con questo workshop intendiamo:

1) Analizzare la dinamica dei paesi imperialisti in rapporto alle recenti guerre da essi provocate (Libia, Siria, Iraq…)
2) Prefifgrare forme praticabili di mobilitazione/sciopero/blocco capaci di sensibilizzare l’opinione pubblica e i lavoratori sulla guerra

Il 1 ottobre a palazzo Corigliano – Università L’Orientale di Napoli, alle ore 16.00 invitiamo a partecipare a questo workshop che sarà preceduto da una introduzione di Roberto Taddeo della Rete Napoli NoWar.

Per info e adesioni: napolinowar@gmail.com
Gli atti del workshop saranno pubblicati su https://napolinowar.wordpress.com/
POST

Con la Palestina, contro la Guerra. Roma Manifestazione nazionale, 27 settembre 2014

imagesNoi compagni della Rete No War di Napoli, sempre a fianco del Popolo palestinese, partecipiamo alla manifestazione nazionale indetta dalle Comunità palestinesi in Italia contro il massacro a Gaza pur convinti che questa iniziativa – che cade, indubbiamente, in ritardo anche rispetto alle tante mobilitazioni che  hanno visto riempire le piazze d’Europa – avrebbe dovuto caratterizzarsi con una netta condanna per il governo Renzi, tra tutti i capi di governo che si sono succeduti in Italia, certamente, il più complice con  gli interessi del sionismo.

Partecipiamo anche perché riteniamo che le mobilitazioni sviluppatesi in questi ultimi tempi per la Palestina possono determinare una ripresa del movimento contro la guerra; un movimento che, almeno dal 2011 e cioè dalla guerra alla Libia sembrava essersi dissolto nell’illusione che, in fondo, anche un intervento militare della NATO poteva essere supinamente accettato se serviva a far sbocciare un’altra “primavera araba”. E così la parola d’ordine “contro la guerra” è stata, addirittura, bandita da quasi tutte le manifestazioni nazionali che si sono svolte in Italia negli ultimi anni determinando indifferenza (in taluni casi, addirittura sostegno) nei riguardi del massacro che Nato, Unione Europea e Petromonarchie conducono in Siria, nei riguardi dei bombardamenti nel Donbas e nei riguardi della ennesima “guerra al terrore” che si sta compiendo in Iraq.

E tutto questo mentre il governo Renzi persevera nell’aumento delle spese militari (come attestato dal recente grottesco dibattito parlamentare sugli F35 o dagli impegni presi al vertice NATO nel Galles) e pianifica nuove avventure militari in Libia; facendosi, nel contempo, spalleggiare da “pacifinti” come quelli, sponsorizzati dalla CGIL, recentemente riunitisi a Firenze.

L’ intensificarsi dei conflitti e la corsa sempre più vorticosa a nuovi armamenti delinea una guerra globale (contro la Russia, ma sopratutto contro la Cina), unica “soluzione” del Capitalismo per uscire dalla sua crisi; una “soluzione” che, tra l’altro, comincia ad essere presa in considerazione anche da blasonati giornali e TV.

Il secolo passato ha già conosciuto due guerre mondiali, questo secolo potrebbe conoscere la terza. Molti, purtroppo – forse perché memori della sconfitta delle pur gigantesche mobilitazioni contro la “Guerra del Golfo” – mettono la testa sotto la sabbia ed escludono dal loro impegno politico l’iniziativa contro la guerra. È doppiamente sbagliato anche perché la minaccia di una guerra globale comincia, finalmente, ad essere percepita anche da vasti strati di sfruttati e dall’opinione pubblica. Spetta a noi collegare questa  percezione alle tante lotte contro la crisi e la miseria alle quali ci condanna il sistema capitalista.

È giunto, quindi,  il momento di organizzarsi affinché si tenga al più presto una manifestazione nazionale contro la Guerra. Noi compagni della Rete No War dichiariamo la nostra assoluta disponibilità a lavorare in tal senso.

RETE NO WAR NAPOLI

https://napolinowar.wordpress.com/

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Il boicottaggio di Israele non è “antisemitismo”

picprimapaginailmattinoLettera inviata al Direttore de “Il Mattino” di Napoli

Gentile Direttore

La prima pagina del suo giornale, oggi 10 agosto, riporta il titolo in evidenza “<<Boicotta Israele>> manifesti choc” che, nonostante il testo sopra questo titolo (“Volantini contro i negozi dei commercianti ebrei a Roma: sdegno e polemiche”) e quanto riferito nell’articolo a pag. 11, rischia di ingenerare degli equivoci che – come Comitato di solidarietà alla resistenza palestinese e Comunità palestinese di Napoli – riteniamo opportuno dissipare.

La Campagna internazionale BDS (Boicottaggio-Disinvestimenti- Sanzioni) nella quale noi ci riconosciamo, infatti, non ha nulla a che fare con iniziative, di stampo antisemita e neonazista, volte a boicottare i “negozi di proprietà degli ebrei”.  L’invito della Campagna internazionale BDS a non comprare merci prodotte nei territori recentemente strappati da Israele ai Palestinesi e che vengono , qui da noi, commercializzati come “israeliani”, punta (esattamente come avvenne con le iniziative di boicottaggio contro lo stato del Sud Africa per la fine dell’apartheid) a fermare la pulizia etnica  che lo stato di Israele sta conducendo in Palestina. Una campagna internazionale che vede l’attivo coinvolgimento, oltre che di innumerevoli democratici, artisti ed intellettuali, di cittadini israeliani e di persone di religione ebraica, tra i quali non pochi rabbini.

Una campagna che ha già visto significativi, se pur parziali, successi – come, ad esempio, le recenti  direttive dell’Unione Europea – che, come le nostre recenti manifestazioni di solidarietà con la popolazione di Gaza, vuole favorire un processo di pace in Medioriente basato sulla fine dell’illegittima occupazione dei territori e sul reciproco rispetto dei diritti.

Le saremmo grati, pertanto se volesse pubblicare questa nostra lettera che tra l’altro serve a rispondere ai nostri politicanti, che additando come “antisemita” chiunque  critichi la politica dello stato di Israele, finisce per equiparare gli “Ebrei” agli attuali governanti di Israele e, –  cancellando l’impegno per la pace di tanti ebrei (tra i quali i soldati israeliani che oggi si stanno rifiutando di combattere nei territori occupati) – contribuisce a far crescere ancora di più quell’antisemitismo che sta dilagando in Europa.

 

Cordialmente

 

Comitato a sostegno della resistenza palestinese

Comunità palestinese di Napoli