Lo scenario internazionale vede crescere ed acuirsi i conflitti militari. Dall’Ucraina, alla Libia, dalla Siria allo Yemen, la guerra è diventata una normalità a cui abituarsi sperando che essa non si estenda ulteriormente trasformandosi in un nuovo conflitto militare internazionale. Ma tutti questi focolai di guerra non si incendiano casualmente. Essi sono il risultato dell’azione pluriennale delle grandi potenze, e particolarmente degli Stati Uniti, per appropriarsi direttamente di nuovi mercati, per accedere alle risorse di questi paesi, sia alle materie prime che ai lavoratori a basso costo, oltre che come mercato di sbocco per le proprie merci.
Insomma gli incendiari sono i nostri governi e le nostre istituzioni che, dopo aver messo in campo tutti i mezzi possibili per alimentare le divisioni, lo scontro etnico, razziale, religioso e territoriale, fingono di indignarsi per i pericoli corsi dalla pace e dalla stabilità mondiale. E così, dopo aver attizzato ad arte il fuoco oggi si travestono da pompieri e si candidano ad intervenire per ristabilire l’ordine. Ma l’ordine che essi voglio imporre è fatto di sottomissione diretta dei paesi coinvolti negli scontri alle esigenze del grande capitale finanziario controllato dalle grandi potenze occidentali.
Ancora più ipocrite sono la finta commozione ed indignazione per la sorte subita dai tanti immigrati che fuggono da quei teatri di guerra e muoiono attraversando il Mediterraneo. Chi altri sono i responsabili di queste tragedie se non i governi occidentali che attraverso interventi diplomatici, aggressioni militari e ricatti economici hanno seminato guerra, povertà ed intolleranza? Chi è responsabile di migliaia di morti, della sofferenza e dell’oppressione cui vengono sottoposti gli immigrati? Proprio quei governi occidentali che con la politica di respingimento creano condizioni sempre più pericolose e precarie per la navigazione. Proprio quei governi che detengono illegalmente i “fortunati” che riescono ad arrivare sulle nostre coste. Sono quei padroni che gridano all’invasione degli immigrati ma sono ben contenti di avere una mano d’opera a basso costo ed estremamente ricattabile per tenere alti i loro profitti e per imporre a tutti i lavoratori condizioni di vita e di lavoro sempre peggiori. Ma tutto il clamore ed i lamenti sulla sorte degli immigrati ha la sola finalità di aumentare la politica repressiva nei loro confronti, di legittimare nuovi interventi militari che si preparano a varare. In questo campo è particolarmente attivo il governo italiano che, con il pretesto dell’afflusso degli immigrati, sgomita per ottenere il consenso dai propri partner/concorrenti ad una nuova aggressione militare alla Libia. Per ribadire le sue mire neocoloniali su di un territorio che gli era sfuggito di mano ma che i padroni ed il governo italiano continuano a considerare come “cosa propria”.
Così mentre continuano a chiederci sacrifici per le conseguenze della crisi, aumentano a dismisura le spese militari, le missioni all’estero ed il riarmo per garantirsi un posto al sole nella contesa sempre più accentuata che si sta verificando tra le grandi potenze a scala internazionale.
Una contesa che però sta diventando sempre più pericolosa. Dove il rischio è che i tanti focolai accesi si trasformino in un incendio generalizzato, provocando un nuovo immane conflitto mondiale.
In questa vicenda i lavoratori, le persone comuni che non vivono sfruttando, non possono limitarsi al ruolo di spettatori distratti o di tifosi. Qui si sta preparando il nostro futuro e quello delle future generazioni, ammesso che resti qualcosa dopo un eventuale conflitto mondiale.
Si tratta di comprendere che l’aumento dello sfruttamento, la disoccupazione e la precarietà hanno la stessa origine del crescente militarismo e delle aggressioni militari che vedono protagonisti i nostri governanti e che esse vanno contrastate unitariamente per cercare di difendere il nostro futuro. La lotta contro le avventure militari ed una politica estera aggressiva deve procedere di pari passo con la lotta per la difesa delle nostre condizioni di vita e di lavoro.
Per riprendere il confronto e l’iniziativa contro il militarismo e le guerre è convocata
l’ASSEMBLEA
che si terrà martedì 19 maggio alle ore 17,00 presso l’ex Asilo Filangieri – Vico Mazzei, Napoli.
Invitiamo tutte le realtà organizzate ed i singoli attivisti ad aderire e partecipare.
Rete Napoli No War, Rete dei Comunisti, COBAS Napoli, Red Link
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